Lavori di manutenzione straordinaria e attribuzioni dell'amministratore
L'argomento in esame non è, certamente, nuovo nelle aule giudiziarie del nostro paese. Anche la Cassazione, infatti, si è espre'argssa in merito, chiarendo i presupposti in presenza dei quali, in tema di lavori eseguiti su disposizione dell'amministratore, è possibile riferire un rapporto obbligatorio in capo al condominio.
Prima di tutto, però, vediamo in concreto cosa è accaduto in questo complesso immobiliare nel messinese.
A seguito di due contratti di appalto, sottoscritti nel novembre del 2012, una ditta eseguiva alcuni lavori di manutenzione straordinaria in un fabbricato in multiproprietà al termine dei quali residuavano, da saldare, circa 34.000 euro, come da regolari fatture.
Ebbene, poiché i detti titoli di pagamento non erano rispettati, l'impresa chiedeva un decreto ingiuntivo a carico del committente, ritualmente concesso nel 2016.
Avverso tale provvedimento, l'ingiunta multiproprietà proponeva opposizione dinanzi al Tribunale di Patti basata su due argomentazioni principali:
- era invocata una clausola contrattuale in virtù della quale, in caso di inadempimento, l'appaltatore avrebbe potuto agire soltanto verso i singoli condòmini morosi. Era stato, perciò, pattuito l'esonero di responsabilità del committente e la ditta si era, esplicitamente, impegnata a non citare la multiproprietà per il recupero delle somme dovute dai singoli all'appaltatore;
- era eccepita la carenza di mandato in capo all'amministratore nello stipulare l'accordo con l'impresa, né tale difetto di legittimazione era stato sanato, successivamente, da una ratifica dei condòmini multi proprietari.
Per queste ragioni era, dunque, chiesta la revoca del decreto ingiuntivo.
Il Tribunale di Patti, esaurita l'istruttoria, ha accolto l'opposizione. Per l'ufficio siciliano, infatti, la clausola invocata dal committente era valida e riferibile ad entrambi i contratti di appalto. In base a questa, l'appaltatore non avrebbe potuto agire verso il committente.
Inoltre, era evidente che gli accordi erano stati presi dall'amministratore del fabbricato senza alcuna preventiva e/o successiva autorizzazione dell'assemblea dei comproprietari.
Dunque, anche sotto il profilo del difetto di legittimazione del rappresentante dell'edificio non era possibile attribuire alcuna pendenza al fabbricato.
Le citato conclusioni hanno, quindi, condotto all'accoglimento della domanda, alla revoca del decreto e alla condanna dell'opposta impresa al pagamento delle spese processuali in applicazione del naturale principio della soccombenza.